Giovedì 24 novembre alle ore 18,00 all’interno del Festival della Pace si terrà l’evento “Kurdistan. Per un tempo di speranza”, proposto da Rete Kurdistan Parma in collaborazione con Casa della pace.
Sarà una serata dedicata al popolo curdo: per conoscerne la poesia, la musica, la cultura, i diritti, l’aspirazione alla democrazia e alla pace, con le poesie di Hisam Allawi, poeta curdo siriano e interpretate in italiano da Isabella Sommi, con le musiche di Mübin Dünen e di Alma’ngarrà e con l’intervento di Serkan Xozatli.
I curdi rappresentano il popolo più numeroso sulla terra senza una patria, divisi in quattro stati: Turchia, Iran, Iraq e Siria, sono stati da sempre discriminati e lo sono anche ora. La maggior parte di essi vive nella Turchia orientale. Dal 1923 chiedono il diritto ad esistere, ad avere rispettata la loro lingua, la loro storia, la loro cultura. Non l’hanno ancora ottenuto. Hanno cercato il dialogo, hanno cercato di difendersi, hanno proposto soluzioni negoziate, ma la Turchia e gli altri 3 stati non li hanno mai ascoltati preferendo reprimerli violentemente.
La Turchia da mesi sta bombardando nel Nord Ovest della Siria e nel Nord dell’Iraq, regioni abitate da curdi o in cui vivono in campi profughi. Ma di questa guerra non si parla, non si organizzano soccorsi né corridoi umanitari, chi fuggisse troverebbe sbarrate le frontiere. Li vediamo ai confini d’Europa, dietro i fili spinati. Oggi, il 21/11/2022, la Turchia, di cui l’Italia è il maggior fornitore in armi di tutta l’Ue, che ha il secondo esercito tra quelli della Nato, sta aggredendo militarmente Kobane (in Rojava, Siria). Si fermi Erdogan, ora!
Nell’ampio contesto mediorientale, patriarcale e oscurantista, sono i curdi che si segnalano per aver essere stati i soli a resistere all’Isis, per aver saputo realizzare nel Nord Ovest della Siria il “confederalismo democratico”, cioè la democrazia, basata sulla convivenza con le minoranze, la partecipazione, la parità di genere, l’ecologia. Anche l’attuale rivolta iraniana ha radici nella parte curda di quel paese: era curda Masha Amini, uccisa per i capelli fuori posto e “donna, vita, libertà” (jin, jivan, azadì in curdo) è divenuto lo slogan unificante della ribellione.