La guerra infinita

La Casa della pace organizza un incontro sulle conseguenze dell’uranio impoverito. Il 24 novembre ai Missionari Saveriani.

“La guerra infinita. Le conseguenze dell’uranio impoverito” è il titolo dell’incontro proposto dalla Casa della Pace il 24 novembre alle 18, presso la Sala dei Missionari saveriani, in viale San Martino 8.

Parteciperà la giornalista Maria Elena Scandaliato, che presenterà anche un documentario sulle conseguenze nel tempo dell’uso di queste armi in Bosnia e in Serbia e sul loro utilizzo anche nella guerra in Ucraina.

Nel corso dell’incontro saranno presentate, da Carlo Cefaloni coordinatore delle associazioni proponenti, le iniziative in corso per la difesa della legge 185 che pone limiti all’export di armi ai Paesi in guerra e che violano i diritti umani.

Dagli ultimi dati del Sipri (l’Istituto di ricerche sulla pace di Stoccolma) in questo 2023 supereremo i 2300 miliardi di dollari in spese militari, la più alta spesa (a parità di potere d’acquisto) dalla seconda guerra mondiale.

In tutte le guerre in corso (conosciute e rimosse dalle nostre cronache) si stanno utilizzando armi che Trattati internazionali hanno messo al bando dopo un lungo e faticoso cammino. Armi che hanno sempre come principali vittime i civili e le strutture sociali.

Elencando solo quelli di cui ha dato notizia la stampa in questo 2023 abbiamo: le bombe a grappolo, le bombe al fosforo, i proiettili ad uranio impoverito, i missili a media e lunga gittata, le mine antiuomo. E numerose nuove armi che usano le nuove tecnologie non ancora riconosciute da accordi internazionali.

Tutto questo fatto con costi umani e sociali enormi anche da Stati che quegli accordi avevano sottoscritto, producendo situazioni di illegalità palesi, e giustificando, con la colpevolizzazione reciproca,  la nuova produzione di quelle armi che avevano deliberato di mettere al bando.

E le guerre e le loro conseguenze (per esempio sull’incremento del consumo di energie fossili) aggravano la crisi climatica, che coinvolge tutti non solo i Paesi in guerra.

E ancora tutto prosegue con la previsione per il prossimo anno di un nuovo aumento delle spese militari e con incentivi fiscali e statali (in Italia anche dal nostro PNRR) per chi le produce. Con enormi profitti di chi realizza (industrie e ricerca) e sostiene (sistema creditizio e finanziario) questa produzione di morte, in un mondo che vede sempre più povertà di ogni tipo e diseguaglianze crescenti.

Inoltre si allargano le maglie delle leggi che vincolavano il commercio delle armi a criteri etici e giuridici precisi e condivisi. Già da anni si erano trovati modalità per fare arrivare armi a Stati che non rispettano i diritti umani, dittature che perseguitano i loro cittadini e a Paesi in guerra, vendendo sistemi d’arma “a pezzi” o triangolando la vendita attraverso Paesi “in pace”. Ora si vuole cambiare anche quella legge (la 185 del 1990) per dare ancora maggiore libertà al commercio delle armi.

A fronte di tutto questo sono sempre più in calo le risorse per le Istituzioni di pace e per chi opera per cercare di prevenire i conflitti armati o opera per fermarli con la diplomazia e azioni per arrivare ad accordi di pace stabili, garantiti e di riconciliazione. Sempre il Sipri ci informa che non arriveremo ai 100 miliardi di dollari per le Istituzioni e le realtà che operano per la pace, con un confronto impietoso che vede su 100 dollari spesi per “la difesa” oltre 96 assegnati alle armi e meno di 4 per la ricerca della pace. 

Continua a essere contraddetto, con costi umani, sociali e naturali sotto gli occhi di tutti,  il monito di chi, uscito dalla seconda guerra mondiale volendo un mondo senza più guerre, diceva che  “occorre organizzar la pace così come gli altri organizzano la guerra” . Con risorse adeguate, economiche e umane, con controlli stringenti sul rispetto degli Accordi internazionali e delle deliberazioni dell’ONU, a partire dal Trattato contro uso, produzione e possesso della armi nucleari e di distruzione di massa.

Siamo in un tempo di guerra con illegalità diffuse che sta dando pessimi esempi di educazione civica, se infatti gli Stati stessi contraddicono le leggi che hanno voluto, come si può chiedere ai cittadini il rispetto delle leggi? Se si contraddice il principio per cui non ci si deve fare “giustizia” da soli ma si deve ricorrere ad una Autorità superiore con gli Stati che per primi si comportano da violenti senza regole, come sarà possibile educare le nuove generazioni alla legalità, al dialogo, al rispetto reciproco, alla valorizzazione delle diversità, alla fraternità?